Esistono dei registi che sono un marchio di affidabilita’… non ti deludono mai. Sono pochi a dire il vero, almeno per quanto riguarda i miei gusti personali (sono un fan di Cronenberg e Carpenter, pero’ ammetto che qualche volta questi due geni mi hanno deluso), fra loro c’e’ Jim Jarmusch.
Il cinema del cineasta americano non e’ di facile approccio, per il semplice fatto che e’ costituito da film lenti, e in un periodo storico in cui i montaggi sono da voltastomaco, ammetto che la lentezza sia alquanto indigesta per la stragrande maggioranza del pubblico abituato ai videoclip di 2 ore. Con cio’ non voglio fare lo snob cinefilo tipicamente italiota, ma dare un segnale che possa facilitare la visione di film che nel caso del Jarmusch, lasciano il segno.
Tra gli ultimi suoi che sono riuscito a vedere c’e’ “Limit of control” del 2009, che in Italia credo non sia neanche entrato nella normale distribuzione (e quando mai!) cinematografica. Le storie come sempre minimaliste a cui il buon Jim ci ha abituati hanno delle assonanze molto “orientali” e/o “filosofiche”, a volte persino esplicite nei titoli o comunque negli incipit, o nei nomi dei personaggi (e non a caso Ghost Dog e Dead Man sono emblematici in questo quadro). La tematica del viaggio, e’ forse una costante della sua poetica, viaggio inteso non solo come semplice smarrirsi in qualche posto, ma cammino filosofico se non anche iniziatico a cui i suoi protagonisti si sottopongono per propria volonta o per chiamata divina (?). Nell’ultimo movie alcuni riferimenti alla disciplina interiore, alla meditazione, alla tenuta dei limiti, al sentiero di ascesa spirituale dell’essere umano, sembrano talmente palesi e cosi’ poco velati tanto da mostrarci ancora piu’ esplicitamente un pensiero che Jarmusch vuole comunicarci da decenni.
Limit of control ha comunque nella potenza della fotografia e delle scenografie (molte naturali e non ricostruite) la capacita’ di attarre a se lo spettatore e di accompagnarlo in questo tunnel di attese e incontri con personaggi eccentrici, che si confrontano con il protagonista con una forza dirompente attraverso poche parole, avendo questa capacita’ osmotica, qualora se ne abbia la pazienza, di sostituire al protagonista lo spettatore. I risultati se ci si lascia andare, saranno sicuramente notevoli.
Cinema americano, Cronenberg, Jarmush
The limits of control

Molto interessante leggere di cosa ti abbia trasmesso questo film! Condivido l’amore per il cinema di Jarmusch (e poi hai citato il mio preferito in assoluto, John Carpenter!), ma questo film purtroppo mi ha detto poco… Normalmente non mi delude, ma questo personalmente lo considero un passo falso, purtroppo. Di fatto ho appena regalato il DVD a mio fratello, altro fan di Jarmusch ma che non ha visto questo film, vedremo se a lui piacerà… :–)
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Sono curioso per tuo fratello. Ho letto il tuo giudizio, lo comprendo. E’ un film hai limiti. Avevo trovato persino il titolo un indizio. Ma sono pareri personali.
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