Tra le letture più belle e sentite che ho portato a termine in questo “nebbioso” 2013, un posto di rilievo lo ricopre “Il dubbio di Dio” scritto da Giovanni Ibba; un “doppio racconto secco e sferzante” come una frustata.

Conobbi l’autore del libro una sera di circa 5 anni fa durante la cena di matrimonio di due miei cari amici. Eravamo seduti allo stesso tavolo con altri commensali, e rimanemmo tutti abbagliati dai racconti sui suoi studi, notando la notevole cultura ed erudizione di Giovanni, abbinata ad una fede nel Cristianesimo molto radicata; il tutto trasmesso in un linguaggio verbale leggero e semplice, una cosa che osservo sempre più raramente nelle persone che studiano tanto nella propria vita, le quali sovente sono sempre più inclini a rinchiudersi in linguaggi altisonanti e impercettibili densi di egocentrismo.

Il libro di Ibba non poteva e non mi ha infatti deluso stante questo aspetto. I racconti apparentemente scritti con un linguaggio scarno e privo di fronzoli, entrano direttamente nella psiche e nel cuore dei due protagonisti i quali vivono due storie di turbamento interiore, sballottolati da dubbi atroci nell’accorgersi di essere messaggeri e significanti di un messaggio altro che li attraversa sconvolgendone per sempre le loro vite.

L’invito di Ibba -attraverso i protagonisti dei due racconti a lasciarsi attraversare- a far fluire attraverso di se la maestosità di un progetto più grande, il perdere la propria vita così da conquistarla pienamente di evangelica memoria, l’abbandono al dubbio -che diventerà qualcosa di ancora indefinito ma proprio per questo appagante- assume attraverso queste due storie, un aspetto suggestivo e foriero di immaginazione, perchè in un certo senso fa percepire una liberazione.

Mai come in questo caso, il dubbio e Dio, la ricerca e l’assoluto, il significante e il significato sono andati a braccetto in meno di 100 pagine.