Lo scorso anno ho partecipato un po’ per vezzo un po’ per divertimento a varie “catene di Sant’Antonio” che giravano su facebook; in una di esse dovevo fare un elenco dei 10 libri piu’ belli letti. Come al solito, penso che per questi social, “giochi” di questo tipo siano una maniera piu’ o meno velata per avere aggratis notizie circa i nostri gusti e le nostre preferenze, per farne chissa’ poi cosa (nel migliore dei casi pubblicita’ mirata).
Qualche anno fa, prima ancora che facebook decidesse di schedarci in questo modo, avevo deciso di scrivere un post, in cui invitavo i miei lettori, a fare un elenco dei libri piu’ indigeribili che avevano approciato e di cui non avevano terminato la lettura (ovviamente avevo dato anche la mia lista, per chi e’ interessato, la puo’ trovare qui). A distanza di anni devo dire che se ne’ ricavo’ un bel ritratto di polpettoni indigeribili, alcuni dei quali fuori da ogni sospetto.
Oggi vorrei rifare la lista dei miei 10 libri piu’ belli, riportarli qui nel mio blog, perche’ se e’ vero che scrivo di tanto in tanto, il merito va soprattutto a quello che ho letto. L’invito a fare altrettanto e’ esteso ovviamente anche a chi segue il blog, sperando di condividere pensieri ed osservazioni e magari venire a conoscenza di qualche chicca da poterci scambiare, sperando di non imbatterci in mattoni… ma si sa la lettura -e’ il piacere nel goderne- e’ una cosa molto intima e soggettiva.
Quer pasticciaccio brutto di Via Merulana (Carlo Emilio Gadda). Lo lessi nel 1996, sul finire delle scuole superiori, poco prima della maturita’ e lo considero per alcuni versi il mio primo libro dell’eta’ matura. Ricordo benissimo il motivo per cui decisi di leggerlo. L’autore, Carlo Emilio Gadda, era stato un ingegnere che si dedico’ con impegno alla scrittura e alla narrativa. Sentivo in quel percoso qualcosa di affine a quello che sarebbe stato il mio futuro. Il libro mi piacque poiche’ nonostante fosse scritto in una serie di dialetti, gerghi, linguaggi specifici (tecnici in alcuni casi), si lasciava leggere con piacere portandoil lettore nei meandri di quel caos chiamato « Roma », in quel periodo delirante chiamato «fascismo », in quel « mondo » provinciale, settario e classista che si chiama « Italia ». Un libro che mi ha insegnato molto e che mi ha aiutato a capire in che paese io sia nato. Il film che ne ricavo’ Germi (e che vidi molti anni dopo la lettura del romanzo) –qui– era ancora piu’ duro e schietto del libro. Imperdibile per capire come funziona(va) l’Italia, e di consequenza decidere di adeguarsi, sopravviverci, oppure capire con chi si avra’ a che fare se si decide di voler cambiar qualcosa, oppure come nel mio caso, darsi per vinto e decidere di andarsene (per periodi lunghi, o per sempre).
La coscienza di Zeno (Italo Svevo). In questo caso la lettura avvenne nel mio primo anno di universita’. Ricordo ancora il momento e la decisione dell’acquisto. Ritornavo a piedi dal Politecnico di Torino verso il mio collegio universitario in Via San Domenico. Mi fermai nella grande bancarella dei libri ubicata allora sotto I portici della magnifica e misteriora Piazza Statuto prima dell’imbocco in via Garibaldi. Vidi da lontano la copertina gialla delle edizioni Newton Compton, il libro era li’ per sole 1000 lire. Non esitati un istante, lo comprai al volo. Avevo studiato Svevo qualche mese prima alle superiori. La professoressa di lettere ed un mio amico del paese che leggeva molto, mi dissero che Svevo era una palla di dimensioni galattiche. Bene, decisi di leggerlo proprio per quei due pareri alquanto nagativi. Ed infatti come avevo intuito (conoscendo I due personaggi in questione) era un libro molto bello. Perche’ mi piacque ? Perche’ Svevo aveva capito tutta l’inutilita’ delle convenzioni e degli istituti che governano la vita e la societa’ e che molte volte fanno esse stesse vita e societa’ in un mondo dove non c’e’ piu’ spazio per fini ultimi ed ultraterreni. La scrittura fu la sua ancora di salvezza, e con quel libro prese tutti per il culo. Alla stragrande.
Diceria dell’untore (Gesualdo Bufalino). Correva l’anno 1998, periodo in cui affrontavo il mio secondo anno di ingegneria, ospitato (si fa per dire) in un collegio di un ordine religioso (il precedente era stato un collegio di stampo laico che purtroppo chiuse i battenti causa scarsa redditivita’). Trascorsi in quella residenza il mio secondo e terzo anno di universita’. A distanza di anni posso dire tranquillamente, che studio a parte (ai soli fini di conseguire la laurea), furono due anni buttati nel cesso. Anni trascorsi tra « fratelli » che si azzannavano tra loro (molto gretti e per lo piu’ tutti dei veri spilorci) e studenti piemontesi di provincia che discorrevano essenzialmente di vino (se andava bene c’era qualcuno che parlava di calcio e di rock) e del weekend da passare al loro paesello. Io ed altri due meridionali, restavamo per ovvi motivi logistici in quel di Torino nel weekend, dato che i nostri paeselli erano a svariate centinaia chilometri di distanza (non che avessi tutta sta nostalgia di tornarci). In cotanta situazione, cominciai ad avere comunque nostalgia del Sud in generale.. non del mio in particolare. Era il Sud mitizzato, metafisico, letterario e per certi versi falso ma adorabile. Ricordo I pomeriggi trascorsi nella biblioteca di quel posto, l’unico anfratto dove mi sentivo a mio agio. Un di’ mentre studiavo svogliatamente Analisi Matematica II (una delle tante cose « inutilissime » fatte all’universita’) e colto da scoramento profondo lessi il libro di Bufalino che trovai quasi nascosto tra vari tomi della Jaca book (casa esitrice di stampo cattolico) presenti in quella enorme bacheca vetrata che conteneva quasi 4mila libri. Un affresco barocco sulla solitudine, immerso in una Sicilia ammaliante ed esotica, per non dire ai limiti dell’esoterico (inteso nell’etimologia del termine : per pochi) mi rapi’ per alcuni giorni e poi forse per sempre. «Di ricordi si guarisce, di ricordi ci si ammala ». Per me perenne sradicato quell libro fu come un sacro testo. Se ho finito gli studi in ingegneria e a Torino in particolare, lo devo a quel romanzo di Bufalino. Mi insegno’ come gestire la nostalgia e la malinconia senza farsi annientare da esse. Una lettura impegnativa, ma formativa.
Il manoscritto di Brodie (Jorge Luis Borges). Non ricordo esattamente l’anno in cui lo lessi, ricordo invece bene la luce in cui fui immerso durante la lettura. Intensa, forte e bianca. Ritrovai quella scala cromatica, nel mio secondo viaggio in Argentina, anni dopo, mentre col il bus mi recavo a MardelPlata da Buenos Aires, il 27 dicembre del 2006. La luce era in entrambi i casi quella accecante dei meriggi estivi. Poteva essere l’estate del 2001, o quella del 2002, ai miei 24 o 25 anni. L’eta’ piu’ bella della mia vita. Mi stavo per laureare, o forse mi ero da poco laureato. Con quella raccolta di racconti, si apri’ una porta sul mio essere : L’Argentina, o meglio Buenos Aires. Le store di quei farabbutti o manigoldi ambientate a Palermo, Belgrando, Recoleta. Nomi che prima di allora non mi dicevano nulla, che grazie a Borges, assunsero le sembianze di anfratti della mia anima, ove ancora cerco rifugio dei momenti bui della mia vita. A distanza di pochi mesi da quella lettura, mi trovai a parlare di quelle pagine con due donne, tra le piu’ belle che abbia conosciuto, ma con cui non nacque alcuna relazione d’amore. Puro platonismo, cosi’ come e’ stato il mio rapporto con l’Argentina. Uno sfiorarsi ed accarezzarsi, senza mai baciarsi, senza mai fare l’amore, senza mai stare insieme piu’ di tre ore, senza trascorrere neanche un giorno sotto lo stesso tetto. Tre storie d’amore che « non » sono nate e « non » sono morte grazie a quelle pagine. Quando anni dopo ascoltai le parole di un ispirato Carmelo Bene in una vecchia puntata del MCS, capii la grandezza di quel libro, dei personaggi che vi erano descritti, di quelle tre « non » storie d’amore. « Noi siamo in quello che manchiamo ».
Cent’anni di solitudine (Gabriel Garcia Marquez). Estate 2004, ero nel mezzo del guado chiamato dottorato di ricerca, fatto in totale svogliatezza e in totale assenza di un mentore che mi guidasse (quello che per dirla in stampatello e’ il relatore/tutor). Ancora una volta un libro mi estrasse dal vuoto piu’ totale. Tra i ricordi piu’ belli, le descrizioni dell’albero ova trovava rifugio quel malandato generale puttaniere di Aureliano Buendia. Nulla in comune con questo personaggio fittizio, se non la solitudine e quell’assistere molto spesso alla vita, come se fosse un film su uno schermo lontano. L’eleganza del distacco, che molto spesso e’ solo angoscia del vivere. Cosi’ vicini, cosi’ lontani. E poi quella lettura sotterranea: il secolo come simbolo delle radici, in un tempo e in una condizione storica, che ha deciso che la parola « radice », cosi come la intendeva Garcia Marquez, e molto piu’ finimente Simone Weil, sono diventate una bestemmia.
Il processo di Tolosa (Carlo Sgorlon). Incontrai questo libro nella biblioteca di London Ontario, mentre vivevo in Canada, inverno 2011. Per resistere alla maledetta nostalgia della fottuta Italia, trovavo saltuariamente rifugio in questo locale, che tra i suoi scaffali, aveva tre scomparti di libri italiani, di autori a me per lo piu’ sconosciuti (come lo era Sgorlon, prima che leggessi questo libro). Prendere ogni tanto un libro in italiano e leggerlo, calmava i miei tormenti in quei nevosi inverni nordamericani. “Il processo » mi fece conoscere questo autore, che con leggerezza scriveva di cose alquanto “pesanti”. Un compendio di rimandi e appigli per muoversi all’interno della magia e nella fanfarroneria che e’ il mondo dell’esoterismo. Ma la cosa che piu’ mi ammalio’ di questo scrittore, fu quell’aria di « confine » che vi si trova, lui nato e vissuto sempre in Friuli, la terra di mezzo per eccellenza. Quale metafora piu’ forte per chi e’ perennemente aggrappato ad un confine e da esso lacerato, se non la rappresentazione del mondo « dell’esoterismo ». Anni dopo lessi il Pendolo di Focault di Umberto Eco, li’ capii ancora di piu’ la grandezza di questo autore e di questo suo romanzo oscuro e sconosciuto.
Napolitan Graffiti (Raffaele La Capria). Se il pasticciaccio e’ il primo libro della maturita’, questo e’ sicuramente quello del «Nel mezzo del cammino di nostra vita ». Il primo mi apri’ gli occhi sull’Italia, il secondo mi apri’ gli occhi per sempre su Napoli, citta’ che ho amato per compensazione a Torino, mitizzandola. Il libro fu uno schiaffo di quelli che ti fanno diventare grande in un colpo. Un napoletano che scriveva dell’autoreferenzialita’ e della vena autoassolutoria che a Napoli vive incontrastata e sovrana dal 1799, per passare indenne al 1860, per finire ai giorni nostri. C’e’ sempre uno stato altro, uno straniero, un qualcuno di esterno che e’ venuto a distruggere quell’orticello beato del paradiso perduto chiamato prima Napoli, poi Meridione, ora Italia. Lessi il libro nella primavera del 2012, pochi mesi prima di tornare in Italia. Se l’avessi capito in pieno, non ci avrei fatto ritorno. P.s. nei miei anni a Torino, scoprii come l’insulto rivolto ai meridionali fosse Napuli (rivolto anche a chi magari era siciliano o pugliese, quindi avesse poco a che spartire con Napoli) e non terrone. Con gli anni e grazie a questo libro ho capito l’inconscio perche’. I torinesi di origine e di adozione, hanno paura di guardarsi allo specchio e scoprire che anche loro in fondo, hanno gli stessi difetti di coloro che disprezzano: autoreferenzialita’ e vanto di primati bizzarri. L’insulto del proprio speculare, per sentirsi fittiziamente diversi e migliori.
Il conte Di Montecristo (Alexandre Dumas). Entra per il rotto della cuffia tra i miei preferiti. Fu uno dei pochi libri che lessi con un piacere intenso e sottile, e con la voglia di arrivare a sera, mettermi tra le coperte e farmi avvolgere dalle sue pagine. Credo che il romanzo d’appendice di Dumas abbia diversi piani di lettura, e che l’avventura sia solo la maschera dietro cui si celano reconditi significati. Non parlo neanche del piano storico ed etico, ma qualcosa di piu’ profondo e sotterraneo. Non riesco a giustificare altrimenti, da un punto di vista razionale, cosi tanta impazienza e voracita’ nel volerlo finire, godendone ogni singola pagina.
In Asia (Tiziano Terzani). Gli anni di precariato torinese (2003-2010) sono stati alla fine anni di letture formative, introspezione, apertura verso mondi lontani, riflessione e crescita. Il numero di romanza letti e’ stato piuttosto basso, mentre lo spazio dedicato alla saggistica e alle letture di psicologia molto ampio. A meta’ strada tra la saggistica e la saggezza (cercata, mai appresa) si colloca questo libro di Terzani, uno tra i tanti costruiti grazie ad un collage di suoi articoli, redatti durante la sua vita di giornalista trascorsa in Asia. Perche’ Terzani e perche’ questo libro ? Perche’ il reporter toscano ha sempre visto l’Asia con il rispetto e il riguardo per chi piccolo scopre il mondo davanti a se’. La gioia della crescita e dell’apprendimento. Terzani scriveva e viveva come un bimbo che si stupisce ad ogni minima scoperta, lui che arrivo’ in Asia quasi trentenne cercando la gloria di Mao e ne fu immediatamente e irrimediabimente sopraffatto dalle delusioni. Decise pertanto di guardare a questo continente con gli occhi di se’ bambino, e alla fine trovo il suo se’ piu’ profondo. Commoventi le pagine dedicate a Giovannino Agnelli, incontrato in India, quando gli avevano prospettato la guida della FIAT, ma il cui destino aveva scelto un altro percorso.
Il libro dell’inquietudine (Fernando Pessoa). Ho riservato al decimo e ultimo posto, il libro che in realta’ avrebbe meritato il primo per ordine di importanza. Posso ammettere senza alcuna difficolta’, che se dovessi salvare un solo libro della mia libreria, l’unico che salverei e’ questo. Perche’ ? Difficile da spiegare, ma in quest’opera Pessoa concentra e condensa un po’ tutte le cose che ho descritto nei nove libri precedenti. Vi e’ la descrizione della meschinita’ umana (non solo italiana) come in Gadda ; la scrittura come ancora di salvezza al senso smarrito della vita come in Svevo ; il ricorso ai ricordi come moto dell’anima : viaggiare stando in realta’ fermi, sempre a Lisbona, stanziale, cosi come lo era Bufalino nella sua Sicilia ; la staticita’ davanti alla storia e l’attaccamento alle radici come in Garcia Marquez ; la scelta di rendere ermetiche alcune intuizioni sul senso della vita e del confine tra mondi reali e mondi eterici, come in Sgorlon ; l’analisi spietata ed obiettiva dei pregi e dei difetti della propria terra come in La Capria; il piacere del racconto come in Dumas ; la grandezza del farsi piccolo nel misurare e vedere il mondo come in Terzani.
Questo post capita proprio a pennello perché ultimamente, complice un periodo di lavoro tranquillo, mi sono domandata quali libri italiani valga la pena di leggere. Libri memorabili, non da ombrellone, da leggere sul Kindle che è la cosa più prossima alla carta che ho qui. Ho bisogno della compagnia di un buon libro.
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Isa, spero potrai trovare qualcosa di interessante tra i titoli che ho citato. Se ti va, puoi condividere la tua lista ovviamente. Sempre piacevole avere e leggere un tuo punto di vista.
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Non leggo quasi più, peccato terribile. Ricordo con piacere: Il gattopardo, perché mi aveva trasportato in Sicilia (regione che ad oggi non ho mai visitato ed è nella mia lista di posti da vedere); l’autobiografia di Segré (il fisico, specie la part e che racconta del gruppo di Via Panisperna); Uto di De Carlo (ero all’università). Di livello inferiore: la solitudine dei numeri primi di Paolo Giordano. Ma attingo da un pozzo quasi prosciugato.
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Bene, speriamo che questo post, con magari qualche suggerimento anche di altri lettori, possa portare un po’ di acqua 🙂 Di titoli italiani ti posso ancora suggerire: Il deserto dei tartari, Il barone rampante, Cristo si e’ fermato ad Eboli, Un amore (di Dino Buzzati), La lunga vita di Marianna Ucria (di Dacia Maraini, ambientato nella Sicilia di fine Settecento). Ancora sulla Sicilia: Il giorno della civetta (di Sciascia), Museo d’ombre sempre di Bufalino. Poi ovviamente questi sono libri che rispecchiano i miei gusti. Il gattopardo non e’ entrato nella top 10, ma e’ per me l’11esimo. Lo speciale che poi Alberto Angela ha dedicato al libro e al film qualche settimana fa su Rai 1, e’ stato bellissimo… ha fatto venir voglia di rivisitare la Sicilia.
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Facile rispondere perché mi ero divertito a fare una cosa simile: https://ilballodeizanzoni.home.blog/2019/05/10/10-libri-per-la-vita/
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Alessandro, grazie per la tua lista, e per anche le spiegazioni. Mi intriga molto Giorgio Manganelli, di cui avevo letto un suo libro (non ricordo il titolo or ora). Secco ma efficace. Sui Fratelli Karamazov, credo sia uno dei capisaldi della letteratura mondiale. Un must, dovro’ leggerlo prima o poi. Gli altri titoli non li conosco. Tra i restanti otto, hai una preferenza in particolare da segnalare? Spero che la tua lista sia di ispirazione anche per Isa che ha partecipato sin da subito, richiedendo ottimi consigli. p.s.: volevo lasciare un commento al tuo post sui dipinti “ironici”, ma non e’ possibile o forse (molto piu’ probabile) non sono capace di inserirlo. Buon pomeriggio. Pietro
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Credo che “Massa e potere” ti potrebbe piacere. Se vuoi affrontare Canetti con qualcosa di più breve, potresti cominciare con “Potere e sopravvivenza”. E poi tutto il resto: l’autobiografia, i volumi di viaggio, di aforismi.
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Ottimi suggerimenti per canetti. Grazie! Due anni fa avevo letto di lui “Le voci di Marrakech”, e mi era piaciuto molto. Ora ricordo il titolo di Manganelli che non mi ricordavo: “Esperimento con l’india”. Lo suggerisco sia a te che ad Isa (di lui avevo inoltre letto un piccolo libello, divertentissimo: “Intervista a Dio”. Se hai voglia e tempo, ti lancio l’idea di una miniclassifica dei libri che ti sono stati indigesti e non hai terminato. nel 2012, sempre sul blog ci divertimmo un sacco anche con questa classifica 🙂 . il link lo trovi cliccando sul “qui” in azzurro nell’articolo.
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Ho letto “Esperimento con l’India”, anzi,direi chedi Manganelli ho letto praticamente tutto, così come di Canetti. “Le voci di Marrakech” è stupendo.
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Non riuscivi a commentare perché, non so per quale ragione, i commenti erano disabilitati. Adesso dovrebbe essere possibile inserirli.
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Per una volta non e’ colpa del mio rapporto tribolato coi computer. Ottimo, appena ho 5 minuti di tempo ti lascio il mio commento al tuo articolo.
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Davvero interessante questa tua lista! Alcuni libri li abbiamo in comune tra i preferiti, altri avevo intenzione di recuperarli, qualcuno non lo conoscevo!
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buongiorno Pillipinz, grazie per esserti iscritta al mio blog, e per il tuo commento. mi fa piacere sapere che abbiamo una lista di libri preferiti in comune. se ti va di partecipare al gioco, sicuramente ne verranno spunti interessanti. Su un altro post di tanti anni fa, avevo fatto anche la lista dei libri piu’ indigeribili che avessi affrontato. grazie ancora e buona giornata!
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Pedro prima di dilettarmi a scriverti la mia (ma già ti dico che ou livro de desassossego è in cima alla lista anche per me, lo possiedo in 4 edizioni una delle quali – in portoghese ovviamente – presa a Lisboa nella libreria difronte al cafè dove Pessoa si fermava a leggere e scrivere e dove ora c’è una sua statua) e a farti i complimenti per l’originale decade, sono andato a vedermi i tuoi interminabili dei quali ti consiglio di riprovare lo sforzo del Signore degli anelli di Tolkien perchè è magico ma bisogna superare le prime interminabili 120 pagine (e poi non ci si ferma più, garantito), e come diresti tu stendingovescion per questa tua frase riferita a Proust e all’ingegneria :”Potresti non averli letti o affrontati, non ti cambiano la vita (specie in bene)” ahahaha grandioso Pedro
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Ciao Bob, commento tanto inaspettato quanto gradito. Il Signore degli Anelli l’avevo cominciato perche’ me l’avevi consigliato tu. Quelle maledette 120 pagine, erano allucinanti. Riprovero’ con calma in futuro. Su Pessoa, non aggiungo altro, davanti ad un’opera come quella non si puo’ dire molto, tanto e’ la sua bellezza e grandezza. Proust, come dicevo ad Alessandro poco piu’ in alto e’ uno sforzo non da poco. Lascio sia a lui, sia a te una definizione della Recherche che mi piacque molto, e che rende bene l’idea di cosa si andra’ a leggere: Leggere Proust e’ come leggere il XIX secolo dallo specchietto retrovisore del XX. Correggo la definizione, che ovviamente dopo tanti anni avevo dimenticato: Proust e ingegneria non ti rendono una persona migliore.. anzi. Claro che aspetto la tua decina. Ho visto che hai un sito sulla luce della fisica. Ora vado a farci un salto.
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bellissima la definizione della Recherche che scrivi! Sì era chiaro che comunque intendevi quello di “non renderti una persona migliore… anzi” ahahaha mi fa sempre ridere questa cosa per tutto il sangue che abbiamo sputato in quell’edificio. Però dai, tutto serve; io per esempio prima del Politecnico leggevo pochissimo… l’ì, schifato dai libri osceni che ci propinavano, mi sono dato alla lettura dei classici, dei saggi divulgativi, all’ascolto della bella musica e altro. Certo poi ci ho messo una vita a laurearmi, ma questo è un altro discorso. Ma veniamo alla lista. Premetto che non posso competere con la tua precisione e intensità di descrizione perciò farò un elenco brutale. Un elenco anche dettato dal momento e da quello che mi ricordo. Seppure dò un sguardo alla mia libreria dovrei stare davanti a quei tomi almeno mezzora per poterne tirare fuori una cinquantina, e poi selezionarne 10 sarebbe impossibile. Vado invece un po’ di improvvisazione, diciamo lista jazz (NON in ordine di importanza, che è insostenibile): 1) Pessoa e il suo libro dell’inquietudine; 2) l’iliade di Omero nella traduzione di Maria Grazia Ciani; 3) Terra, Terra di Sandor Marai; 4) La repubblica di Platone; 5) I fratelli Karamazov di Dostoevskij; 6) Scolpire il tempo di Tarkovskij; 7) The Dead di Joyce; 8) I racconti di Kafka; 9) Il Giorno del giudizio di S. Satta; 10) Siddharta di Hesse. Tre fuori quota: La divina Commedia di Dante, l’unico che forse non potrei fare a meno di portare con me assieme alla Vita di Simone Weil di S. Pétrement (eventualmente barattabile con i Quaderni della Weil stessa) e Il simobolo e la forma di Pavel Florenskij (anche questo eventualmente barattabile con La prospettiva Rovesciata, sempre suo). Certo ho sforato lo so, ma nello sforare mi sono contenuto dai… un saluto
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Ciao Bob, tanta grazia! Lista da “ricommentare”. Innanzitutto, noto da questa “rubrica” come siano presenti tre prof: te, Alessandro, e la signora Marisa. E tutti e tre, avete molte cose in comune, o che si collegano tra loro. Tra quello che elenchi, abbiamo invece poche cose in comune, e li considero tutti ottimi suggerimenti. Caspita, da questa rubrica, grazie alle vostre sollecitazioni mi sta venendo voglia di prendere un mese di ferie da dedicare alla lettura (idealita’!). Marai non lo conosco per nulla, Tarkovskij solo come regista. Mi consigli questo libro? Il giorno del giudizio non lo conosco. La Divina commedia, anche io conosco abbastanza bene l’inferno, poco le altre due cantiche. Weil e’ tra le autrici che desidero approfondire, ma causa mancanza di tempo, non riesco mai. Lo suggerisco a tutti i partecipanti comunque. Roberto, Isa che ha partecipato, ha suggerito un libro di Segre’ (grande fisico italiano), faccio che girarti il suo suggerimento, che comunque trovi in alto. Il simbolo e la forma, non lo conosco ne il suo autore. Hai sforato…. si vede che anche tu soffri da rigetto di ingegneria. Grazie ancora per il tuo intervento e buona settimana. p.s.: spero che tutti i suggerimenti che stanno venendo fuori da parte dei lettori, arricchiscano le prospettive di letture dei partecipanti.
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Ennesimo post – capolavoro. Potevi limitarti a stilare una classifica con 2 righe di spiegazione per ogni libro, invece per ognuno hai fornito una spiegazione articolata e scritta divinamente.
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Caro Wwayne grazie per i complimenti. Se vuoi partecipare alla lista insieme agli altri lettori, sarai il benvenuto. Sicuramente avrai degli ottimi suggerimenti
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Di primo acchito non sono in grado di buttare giù una lista intera, ma un titolo a bruciapelo posso senza dubbio dartelo: “Il ballo tondo” di Carmine Abate. Colgo l’occasione per dirti che ieri ho sfornato un nuovo post… spero che ti piaccia! 🙂
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ok, faccio un salto e ti dico. Il tuo titolo non lo conosco, cerco di reperire informazioni al riguardo.
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Aspetto a gloria il tuo parere, sia sul post che sul libro! 🙂
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Oh cavolo, avevo scritto un commento abbastanza lungo e me lo sono fatto sparire… Ci riprovo.
Dicevo che le liste mi solleticano sempre ma che per me, che nella mia vita di libri ne ho letti veramente tanti, non è facile elencare i dieci preferiti. È inevitabile che molti siano classici: l’Odissea, che mi leggeva il mio babbo quando ero piccolina, l’Inferno di Dante, che conosco bene mentre ahimè conosco molto meno le altre due cantiche, I Malavoglia e Zeno… Delitto e castigo, Proust, siamo a sei, ci metto Cent’anni di solitudine, Vedi alla voce amore di David Grossman, La società feudale di Marc Bloch e concludo con quello che è stato il libro della mia vita, Lettera a una professoressa della Scuola di Barbiana.
Per chi avesse voglia di sorbirselo, allego il link di un articolo che ho scritto qualche tempo fa per la rivista Poliscritture:
http://www.poliscritture.it/2018/01/16/una-vita-da-lettrice/
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Gentile Marisasalabelle grazie per essere passata sul mio blog ed averl lasciato un commento. All’inizio leggendo il tuo commento, pensavo detestassi le liste/classifiche, invece poi e’ stato tutto il contrario! Immagino quanto sia difficile selezionare solo 10 libri, se ne sono letti tantissimi, anche Bob, il mio amico che ha commentato in alto, ha evidenziato questo aspetto. Anche nel mio caso ce ne sono svariati altri, pero’ alla fine mi sono fatto aiutare dalle atmosfere che hanno avvolto quelle letture, i ricordi ad esse associate, i cambiamenti che hanno sortito. Molto bello il ricordo di tuo padre che ti leggeva l’Odissea. Vedo che abbiamo alcune cose in comune: Cent’anni di solitudine e Zeno. Di Verga non ho ancora letto i Malavoglia, ma avevo letto molte sue novelle: stupende! Delitto e castigo e’ in attesa. Proust l’ho letto, ma a distanza di anni l’ho ridimensionato molto (avevo scritto di lui nel post dedicato alla classifica degli “interminati/mattoni, anche se l’ho letto tutto). Grazie anche per lo spunto per Grossman, non lo conosco, ma mi ha sempre incuriosito. Immagino consigli di iniziare dal romanzo che citi. Su Bloch avevo letto alcune brani sulla sua vita, nulla dei suoi lavori. Il libro “Lettera ad una professoressa ad una scuola di Barbiana”, spero possa interessare soprattutto ad Alessandro (ammesso che non l’abbia ancora letto.. Alessandro e’ un divoratore di libri anche lui, oltre che insegnante, due cose che avete in comune). Andro’ al link che mi ha suggerito, ed era mia intenzione lasciarle anche un commento al bellissimo articolo sulla caduta del muro di Berlino. Buona giornata e buona settimana!
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Grazie a te, mio caro, per il commento. È vero che molte opere diventano le nostre preferite non solo per il loro valore intrinseco ma anche per il momento in cui le abbiamo lette. Per esempio, La società feudale è un libro che ho studiato all’università e che mi ha affascinato enormemente. Vedi alla voce amore è un libro straordinario, parecchio sperimentale, se questo non ti scoraggia. Leggere è la cosa che mi ha salvato la vita in più di un’occasione e starei ore a parlare di libri…
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Esatto Marisa, siamo in sintonia. A volte il valore del libro/lettura e’ associato ad altro. Era questo anche il motivo per cui anni fa, invitavo nel blog ad evitare la lettura profilattica con l’e-reader. Condivido in pieno il fatto che leggere mi abbia salvato la vita in alcuni casi, in molti momenti bui mi sono venuti loro incontro, ed io ho lasciato loro la porta aperta. In svariati altri, ho dato loro molto importanza… da li’ il motivo del titolo che cerca di parafrase la massima di Bufalino sui ricordi (al posto dei libri). Grazie ancora per la tua testimonianza, e per il libro in piu’ che mi ha suggerito
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Il libro dell’inquietudine. L’ho comprato quest’estate in una libreria a Lisbona, un’edizione fantastica per quello che non so nemmeno definire… opera. Libro. COSA.
Spesso mi perdo nelle descrizioni, nelle immagini, nel simbolismo di quest’uomo che è uno ma persino un centinaio. E la cosa più incredibile è che lo è senza finzione.
Non sono sicura che sarebbe il libro che salverei, se proprio dovessi sceglierne uno ed uno soltanto.
So semplicemente che l’inquietudine sta venendo un po’ anche a me, solo leggendo.
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Cara Marybethdodger, grazie per essere passata sul mio blog e per aver lasciato un commento. Immagino tu stia leggendo il libro dell’inquietudine in portoghese, il che deve essere ancora piu’ affascinante. Tutto quello che riporti l’ho vissuto anche io, credo 13 o piu’ anni fa leggendo Pessoa. tra tutti i miei libri e’ il piu’ sottolineato in assoluto, proprio perche’ molte cose richiedono approfndimenti su approfondimenti, stati di introspezione e meditazione, preghiera, viaggi, riflessioni. Non sono piu’ un gran lettore, ma lo sono stato, pur non avendo approciato piu’ di tanto i grandi classici. Eco diceva che la grandezza dei classici sta nell’avere piu’ piani di lettura, nel portare il lettore in mondi nuovi. Nel caso di Pessoa, forse parliamo gia’ di un classico, pur essendo uno scrittore a noi contemporaneo. personalmente poi credo che chi scrive e gli scrittori in generale, si possano dividere in due categorie: chi scrive, e chi si fa scrivere… da cosa non so. Pessoa e’ indubitabilmente nella seconda categoria, tanto e’ la vastita di quello che coglie. Di lui avevo letto piu’ di 10 anni fa, anche lettere alla fidanzata. un altro piccolo gioiello. L’unico che si e’ un pochino avvicinato a Pessoa, stante le mie letture e’ Borges, ma con molta piu’ “sovrastruttura” e molto piu’ “scetticismo”…
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dimenticavo… quando hai terminato la lettura, se ti va di lasciare un commento, sei sempre la benvenuta. Io non l’ho piu’ ripreso in mano quel libro, al solo pensiero mi sale un forte senso di inquietudine,
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Lo sto leggendo in inglese, a dirla tutta. Ho un’edizione in portoghese – comprata un paio d’anni prima nella stessa libreria – che ogni tanto controllo come paragone, ma il mio livello di portoghese è troppo elementare per riuscire a capire. Ho dovuto cercare una traduzione.
Sto leggendo a più riprese, penso non sia un libro da “tutto d’un fiato”. Capisco ciò che intendi, con il chi si fa scrivere.
Mai letto nulla di Jostein Gaarder?
Il suo romanzo più famoso è “Il mondo di Sofia”, ma quello che salverei se potessi sceglierne uno soltanto è “In uno specchio, in un enigma”.
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Si Pessoa va letto a tratti.. diluito nei mesi, prendendo appunti e lasciandosi accompagnare da riflessioni. Si di Gaarder ho letto il mondo di Sofia (fu la mia introduzione alla filosofia per me che avevo fatto l’Itis), poi Maya (era un libro piuttosto commerciale ma piacevole), poi la Ragazza delle Arance (credo fosse la sua storia d’amore con la moglie). La danza della realtà volle che lessi quest’ultimo in un viaggio di lavoro in Lettonia, quindi ben aderiva ai posti dove mi trovavo. Ho annotato il tuo consiglio. Grazie ai vostri commenti ho una lista molto bella e piena zeppa di ottimi suggerimenti. Spero di andar presto in Italia, comprare alcuni titoli e leggerli
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