Da quando mi sono trasferito in Belgio, quasi con cadenza settimanale, via linkedin ricevo email con proposte di lavoro, quasi tutte ubicate nella regione fiamminga. Alla luce del fatto che sono arrivato da meno di un anno, e poiche’ mi sono installato nella regione francofona, mi tocca declinare queste proposte, a volte rispondere distrattamente, altre volte data la notevole mole di lavoro che devo sbrigare, in maniera del tutto involontaria mi tocca rispondere in ritardo anche solo per declinare la proposta, in casi estremi mi e’ capitato anche di non rispondere (credo una volta sola); dato che mi reputo una persona rispettosa, rispondo alle proposte che mi arrivano, non faccio come molti a cui in 20 anni ho inviato CV che neanche per l’anticamera… cosi per dire. Un paio di settimane fa, decido di ritagliarmi qualche minuto di tempo e rispondere con calma ad una proposta di colloquio per un posto in un’azienda di Anversa. Mi mostro comunque disponibile ad un colloquio, dico loro che saro’ in ferie l’ultima settimana di Ottobre, loro mi ringraziano e mi dicono che se per me va bene, possiamo anche fare un colloquio dal vivo presso la loro sede giorno 25.
In totale relax mi reco presso la loro sede, mi presento tranquillo, e sereno come una pasqua ad un responsabile HR e ad una team manager, persona quest’ultima che potenzialmente potrebbe essere il mio capo; lui uomo, lei donna sulla quarantina; lui mio coetaneo, lei alcuni anni piu’ dei miei.
Loro si presentano, brevemente, non piu’ di 3 minuti a testa. Mi lasciano spago e mi dicono di presentarmi. Parlo a ruota libera delle mie ultime tre esperienze di lavoro. Sono sciolto, ho nella mente ben chiaro tutto quello che voglio mettere in evidenza, le esperienze piu’ significative vissute nei tre posti di lavoro in questione, quello che piu’ mi ha segnato ed insegnato in termini di persona, ingegnere ma anche come uomo. La parola ora passa al team manager che fa domande riguardo questioni di tipo tecnico, ma sempre senza entrare troppo nei dettagli di questo ambito, e cercando di carpire aspetti piu’ legati al modo di lavorare e di rapportarmi al lavoro, come singolo ed in team. Mi chiede di mettere nero su bianco le mie linee guida su questo versante, e ancora una volta, sono sincero, fluido, schietto. Dichiaro subito come mi rapporto ai colleghi, come cerco di prendere decisioni, e come elaborare documentazione tecnica, con che livello di dettagli e con quanti e quali tipi di limiti. Metto subito in evidenza qual è il mio metodo, enunciando di non pretendere che sia quello giusto, ma solo quello che ho implementato negli anni, dedicando parte cospicua della mia vita ai miei lavori.
La parola passa all’HR, che mi chiede come spesso accade con queste figure come mi vedo tra 5 anni. Mentre qualche anno fa la domanda mi avrebbe ancora una volta spiazzato, stavolta e per l’ennesima puntata fila tutto liscio, mente lucida, enumero le due cose che ho in testa. Mi chiede le difficolta’ piu’ grosse che incontro nel lavoro, e qui non esito: avere a che fare con testardi che se ne vanno in loop da stress. Mi chiedono come invece io abbia in passato superato i momenti inevitabili di scoramento o magari appannamento a lavoro, dovuto a crisi personali o aziendali, e faccio riferimento ad un ingegnere senior che pur essendo in pensione, come consulente seguiva il lavoro del team di ingegneri di cui facevo parte.
Il colloquio vira poi sull’accertare la situazione famigliare. Loro sono discreti, io metto subito in chiaro che sono una persona riservata e che su certe cose non amo molto discorrere. Loro non fanno una piega, ed io spiego come possa essere difficile or ora, per me spostarmi.
Il primo colloquio finisce qui, mi viene annunciato che nel giro di massimo una settimana, mi verra’ data una risposta, e che se positiva, potrei farne anche un altro nel giro di meno di un mese.
Arrivo a casa nel pomeriggio, e nella mia casella di posta elettronica vedo che c’e’ un’email dell’HR, in cui mi dice che per loro c’e’ disponibilita’ a farmi sostenere il secondo ed ultimo colloquio. Nel tragitto in macchina gia presentivo, che il colloquio era andato bene, non pensavo pero’ ad una reazione cosi’ celere. L’indomani rispondo che purtroppo devo declinare la loro proposta, spiegando le motivazioni: lealta’ verso l’attuale azienda che ha permesso lo spostamento per me e la mia famiglia dall’Italia al Belgio, difficolta’ per la mia famiglia di ristabilirsi l’ennesima volta in pochi mesi, per di piu’ in una regione linguistica ancora diversa. Il lunedi’ successivo ricevo la loro risposta. Dicono che il tutto e’ comprensibile.
Non avevo capito che fossi in Belgio, ero convinta fossi ancora in Italia, e per la precisione a Torino. Credo che i colloqui migliori sono quelli dove tu non hai niente da perderci. Certo, per arrivare a quel punto ce ne vuole. Io ne feci solo uno così, ma l’offerta dell’azienda era indifferente alla mia proposta. Non a caso, era presso una grandissima azienda italiana di portata internazionale, ma attraverso una piccola azienda di ingegneria intermediaria. Io credo che in Italia nessuno potrebbe farmi un’offerta congrua. All’epoca di quel colloquio ero già con un piede fuori dall’Italia e le differenze numeriche erano sproporzionate. Gareggiare con l’Italia era come competere a una corsa di cavalli con un pony. Il tipo dell’azienda intermediaria che mi aveva accompagnato era basito dai numeri che si fanno all’estero. Mi ha fatto tanta pena. Lui aveva sui 50 anni, una buona laurea, sicuramente una famiglia e in mutuo e non poteva spostarsi. Condannato a stare a Milano, sottopagato e umiliato da una 30enne con molta meno esperienza di lui che poteva fuggire.
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Ciao Isa, nessun problema. Si sono in Belgio da gennaio. Torino l’ho lasciata nel 2010, stufo si farmi sfruttare da precario al Politecnico. Di li’ ho cominciato, sacrificio su sacrificio, all’estero e in Italia, ha crearmi una professionalita’ nel mio settore.. e spero che questa professionalita’ mi dia sempre lavoro e da mangiare, dato che non ho creato relazioni e “networking (per dirla col solito vomitevole anglicismo) per salvarmi il sedere. Io sono arrivato a 40 anni suonati, e devo dire che gli ultimi due lavori in Italia sono stati soddisfacenti (lontani dal Sud e da Torino… due realta’ oramai simili.. poco lavoro e solo per conoscenze e passaparola). Ammetto che non sia facile, anche con professionalita’, e specie dopo i 50 anni. Il mondo del lavoro oggi, e’ sempre piu’ complicato e selettivo, non solo in Italia. Il post l’ho scritto per dare un suggerimento (sai che grande suggerimento) a coloro che stanno per affrontare un colloquio, ed hanno alle spalle esperienze di lavoro… non abbiate ansia di dimostrare chissa’ cosa. L’incontro tra un lato e l’altro alla fine si fonda su basi di sola empatia tra intervistatore ed intervistato. Piu’ si e’ se stessi, piu’ si hanno possibilita’ di entrare in empatia da un lato all’altro e viceversa. Infatti quando si va ad un colloquio tanto per, non avendo nulla da perdere, di solito vanno bene. Certo se non si ha lavoro, oppure lo si voglia cambiare, non e’ facile avere questo approcio.
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Sono d’accordo. Io ho fatto un paio di colloqui in Svizzera mentre ero in Italia. Uno in una grossa multinazionale dove mi sarebbe piaciuto davvero lavorare. Ambiente un po’ asettico, ma azienda con sedi in tutto il mondo e con svariate attività in diversi campi. È stata l’unica azienda che mi ha dato il rimborso spese per il colloquio. Erano sorpresi che fossi andata fin lì in auto. Mi ero sparata 4 ore in auto all’andata e 4 al ritorno. Per qualche ora, ho finto di sentirmi ricca e arrivata anche io mentre entravo nel parcheggio della Migros in BMW. Fino ad allora non avevo mai guadagnato tanto in un giorno. Ho guadagnato di più ad andare a fare il colloquio in Svizzera tedesca che ad andare al lavoro nel milanese. Il che dice molto!
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Il rimborso spese per il colloquio. Bisogna sempre richiederlo, specie dopo la risposta definitiva, e soprattutto se e’ un no. Io l’avevo preteso da un’azienda che si trovava in Friuli (ero andato in macchina sin li dal Piemonte, vari anni fa, non proprio dietro l’angolo). Le aziende, specie quelle grandi, sperperano soldi a vanvera, soprattutto per gli inutilissimi viaggi dei dirigenti. Rimborsare le spese per un colloquio, per loro e’ una bazzecola.
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Questi mi avevano anticipato tutto per email con un foglio di calcolo predisposto per il calcolo del rimborso spese a seconda dei km percorsi. Per questo non avevo preso il treno o l’aereo. Poi a me piace guidare e all’epoca avevo una bella auto e le autostrade svizzere sono una pacchia. C’era anche un bel pezzo lungo dei laghi. Praticamente una vacanza. Forse è stato meglio così.
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Azienda seria. Ho in mente il tipo di autostrada, forse è la stessa che ho fatto io svariate volte (Chiasso-Zurigo/Berna). Si, una bella promenade su laghi e montagne. Hai un bel ricordo vedo. Meglio così. Alla fine bisogna ricordarsi tutti i colloqui che si fanno, il prima, il durante e il dopo per capire cosa si sente, cosa è andato bene cosa non è andato. Grazie per questi tuoi interventi
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Ho sbagliato a scrivere: “indifferente alla mia proposta” – volevo dire “indifferente a quello che io avevo da offrire”
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La lealtà è uno dei valori più importanti in assoluto nella vita di un uomo. Se lo possiedi, sei più ricco di Donald Trump.
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Ciao Wwayne, si la lealtà è un valore tanto raro quanto prezioso in termini di rapporti umani. Nel mondo del lavoro è un valore che molte volte viene dimenticato. Per mia esperienza personale, negli ultimi 9 anni sono stati fortunato. Nei precedenti anni all’Universita’ (per lavoro, non come studente) meglio lasciar perdere. Bell’ambientino, almeno nella mia esperienza
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Anch’io ho sempre odiato l’ambiente accademico. Era dominato da persone che si odiavano visceralmente, ma fingevano ipocritamente di essere in rapporti del tutto civili tra loro (salvo poi vendicarsi sulla pelle degli studenti ogni volta che capitavano insieme in una commissione di laurea). Inoltre le persone in questione erano anche estremamente suscettibili, e quindi anche la frase più innocua poteva bastare per scatenare in loro un’ira funesta assolutamente sproporzionata e fuori luogo. Non ci ho più messo piede dopo aver preso l’abilitazione all’insegnamento, senza alcun rimpianto. O meglio, ci rimetterò piede dopo 4 anni di lontananza giusto Lunedì prossimo, ma soltanto per andare a salutare la mia relatrice (una delle poche che si salvavano in quell’ambiente). Anche tu avevi notato queste dinamiche?
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Caro Wwayne, per me e’ molto difficile parlare del mondo accademico. Per molti anni ho desiderato poter restarci come ricercatore e come prof dopo. Purtroppo non e’ andata bene. Adesso a quasi dieci anni di distanza vedo le cose con piu’ distacco. Cosa vedo: quello che tu dici, senza ombra di dubbio. La permalosita’, la tronfiaggine di molti (non tutti), l’ipocrisia di molti baroni tra di loro (salvo poi rivalersi sugli studenti) etc.. Ho incontrato anche persone appassionate e di buona volonta’ che mi hanno insegnato molto, pero’ se devo fare un bilancio (molto banale e manicheo.. pero’ alla fine i bilanci bisogna pur farli) tra persone buone e persone cattive, il mondo accademico e’ tra tutti i mondi lavorativi che ho frequentato (studi di ingegneria, centri di ricerca privati, fabbriche) quello che pende piu’ per i secondi, ed anche con un certo distacco sugli altri.
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Vedo che anche tu l’hai mollato senza alcun rimpianto. E come noi tanti altri che avrebbero potuto dare molto a quell’ambiente, se fossero stati messi un po’ più a loro agio. Pazienza, avranno messo a frutto le loro doti in altri contesti. Grazie mille per la chiacchierata, stimolante come sempre! 🙂
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Figurati, grazie a te. L’importante e’ trovare la propria strada. Il post di partenza infatti voleva dare una speranza a tutti coloro che devono affrontare un colloquio di lavoro. Prendersela con filosofia e con trasparenza, mio consiglio.
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Forse il segreto per il colloquio perfetto è proprio non volerlo, il posto di lavoro.
Non so se ci riuscirò anch’io. Lo scopriremo tra qualche mese.
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ciao Mary.. sono dei suggerimenti che lascio li’, senza aver voglia di insegnare niente a nessuno. E’ un’esperienza che ho vissuto, il risultato e’ stato inaspettato, e a dire il vero il mio obiettivo era piu’ quello di capire come funzionano qui le cose. immagino che la stessa serenita’ e’ difficile averla se si cerca un lavoro (perche’ lo si e’ perso o si vuole cambiare), dall’eta’ che si ha, dalle esperienze accumulate. Il mio consiglio e’ di stare sereni ed essere se stessi. Alla fine, la scintilla che fa scattare “l’incontro” tra richiedente lavoro ed offerente, e’ pur sempre e solo emozionale
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Grazie dei consigli. Ne farò tesoro.
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ti faccio un grosso in bocca al lupo comunque. incrocio le dita per te!
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Farò tesoro di questo post, si può dire che abbia affrontato un solo pseudo colloquio in occasione di un breve tirocinio, ed ero tutt’altro che calma a dover parlare di me, non sono brava in queste cose 😅
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Grazie Penny. L’ho riportato come una semplice testimonianza vissuta, senza minimamente pretendere di insegnare nulla a nessuno (non ne ho minimamente il titolo e le capacità), solo con l’intento di dare degli spunti a chi avrà dei colloqui nel suo futuro più o meno prossimo.
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