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Noia. Se avete voglia di visitare un posto che possa riassumere in sé i caratteri e le attrazioni principali della Galizia, avendo poco tempo a disposizione, consiglio una visita di mezza giornata nella cittadina di Noia. Avrete la possibilità di poter ammirare la ria che entra finissima e a stretto contatto con le case bianche del centro storico (foto1), riuscirete a trovare l’atmosfera dolce e rilassata della regione, ristoranti sempre molto accoglienti ed economici dove mangiar bene, potrete visitare un vivace mercato coperto cittadino grondande pesci di ogni tipo, ma soprattutto troverete sulla vostra strada il cuore della Galizia, quell’arte figurativa medievale e romanica, povera nei mezzi, ma ricca di ingegno e capace di trasformare fede in immagini. Lascio qui di seguito le foto dell’arco superiore alla porta della Chiesa di San Martino (foto 2) nella piazza principale di Noia, una chiesa costruita nel XV secolo in stile gotico marino. La foto di copertina a questo post è stata scattata nel momento piu’ luminoso della giornata e cerca di unire in prospettiva l’elemento cruzeiro alla facciata della chiesa citata, ricca lungo tutte le sue direzioni, di scene che rappresentano momenti cruciali dell vita religiosa di quei secoli.

Suonerà un po’ lugubre, ma una visita al cimitero della città con al suo interno la chiesa di Santa Maria Nuova sono una tappa obbligata per la bellezza delle statue sulle lapidi, per la sua ubicazione in pieno centro città (segno ancora una volta di come la cultura gallega abbia avuto un riferimento continuo al culto dei morti) (foto 3) e per la bellezza dell’altare maggiore della chiesa, scolpito e dipinto su una massicciata di legno (foto 4).

Monforte de Lemons e la Rivieria Sacra: Città ubicata in una valle molto suggestiva solcata da due fiumi, si trova in una posizione baricentrica rispetto all’intera regione, nella provincia di Lugo. Monforte è stato il motivo che ha fatto scaturire il nostro viaggio, poichè qui ci vivevano i nonni paterni di mia moglie e qui vi nacque mio suocero. Ad oggi la cittadina, nella traiettoria dei suoi ultimi 70 anni, riassume i destini di questa regione. Luogo di partenza dell’emigrazione spagnola in Nord Europa, Sud America e resto della Spagna (gli spagnoli in giro per il mondo sono per lo piu’ galiziani, in Argentina rappresentano abbondantemente ancor prima degli italiani la più grande radice dei suoi abitanti) oggi si presenta con le sue ferite aperte e con la voglia di riscatto che quelle ferite vuol rimarginare, dando una immagine di città intraprendente con un carettere mercuriale. Tappa di transito invernale per via delle sue miti temperature all’interno del Cammino di Santiago, mostra una vivacità imprenditoriale e culturale abbondantemente sopra la media spagnola e sta trovando nel turismo nuova linfa per l’economia. Centro di riferimento della valle del Minho, con la sua Riviera Sacra su cui si inerpicano sfidando la gravita, i vitigni di Mencia ed Albarino, vini dai profumi agrumati di questa contea. Monforte e la sua riviera hanno rappresentato un punto di incontro sentimentale per noi tutti, con la gente incontrata, con i vicoli freschi e luminosi pieni di balconate acristaladas, i suoi corsi d’acqua che ne attracersano la sua pianta, il castello che la domina dall’alto della sua collina, con le tante chiese romaniche, alcune stupende, che nelle montagne della riviera si affacciano sul fiume sussurrando preghiere alle vigne che oramai fanno loro da contorno. In una commistione vertiginosa di sacro ed umano, abbiamo scoperto uno degli ennesimi contrasti che la Galizia sembra portarsi sempre addosso. In ordine discendente, troverete le foto al tramonto del Collegio di Nostra Signora de Antigua (foto 1 e foto 2), complesso studentesco costruito alla fine del XIX secolo, il fiume Minho con ponte romano (foto 3) che attraversa il centro città, il chiostro del Castello di Monforte situato nella collina piu’ alta della città, oggi hotel della catena Parador (foto 4), dettagli di vitigni coltivati a terrazze sulle scogliere montuose nella valle del Rio Minho. La coltivazione del vitigno dell’Albarino e del Mencia, su queste terrazze a strapiombo sul fiume, e che ad oggi rappresentano due dei vini più pregiati della Spagna, è a mio avviso il segnale più forte e più chiaro del tentativo di questa terra di mettersi alle spalle il passato recente e lanciarsi nel futuro (foto 5 e 6). Le montagne, oltre che ricche di vigneti, nascondono tra i fitti boschi, autentiche perle di archiettettura popolare romanica, come la chiesa della foto 7 e della foto 8. Un sentiero nel sentiero, un cammino di spiritualità tra montagne, boschi e spiriti. Un luogo in cui religione e magia erano spesso una cosa sola.

Santiago di Compostela: Sulla città capoluogo della regione, credo ci sia pochissimo da aggiungere e da scrivere a livello storico. E’ una città che fa parte della storia e delle leggende della storia europea, meta dei tantissimi cammini che per tutto il Medioevo (ma anche dopo) partivano dai posti piu’ disparati del continente e qui vi trovavano e trovano ancora approdo. Santiago di Compostela è ancora oggi uno dei miti e dei vertici (non solo geografici) della Spagna rinata nel post franchismo, accanto alla lussureggiante e fagocitante Madrid, alla Barcellona gotica ed altezzosa, alla Siviglia barocca ed assolata. Un crocevia di energie diverse che si lambiscono e si congiungono nella Praza do Obradoiro, dove la basilica dedicata all’apostolo Giacomo è da quasi un millenio, seppur con modifiche sempre più magniloquenti, incasellata. E’ difficile esprimere a parole l’esplosione di emozioni, umori e passioni che questo luogo deve contenere ogni giorno. La gioia dei pellegrini che raggiunta la piazza esplodono in pianto, il suono acuto e fibrillante delle gaitas (cornamusa galiziane) suonate dai tanti musicisti di strada, i colori dei vestiti e i canti dei gruppi di folclore regionale che a Santiago si riversano provenendo da tutto il mondo, i mercati e i negozi (botteghe diremmo noi del Sud Italia) che ancora oggi sono il luogo di socializzazione più autentico e forte per gli abitanti della città. Santiago ti entra nelle vene, anche se sei uno spirito razionale come il mio, a meno che al posto del cuore non hai un bidone dell’immondizia (cit. Buffon) come puo’ essere il cuore del razionalista per antonomasia di sabaude ascendenze. Per gli italiani che leggono ci tengo a precisare che non è Assisi, città mistica ricca di arte. Santiago è carne e spirito, colori e musica, arte ed emozione, la storia scritta e quella che si deve ancora scrivere, in maniera febbrile e vibrante, è troppe cose insieme. Se Assisi prende il cuore o la testa, Santiago inevitabilmente la pancia. Nel suo essere terrena, troppo terrena, trascende e tende al divino. In ordine discendente troverete le foto della Basilica di Santiago, lato frontale scattato da Praza do Obradoiro (foto 1), entrata laterale alla basilica con accesso alla cripta dove riposano le spoglie del santo (foto 2), uno dei padiglioni del mercato coperto della città a poche centinaia di metri dalla basilica (foto 3), Chiesa di San Fiz de Solovio, luogo in cui il culto per il santo nacque, intorno all’anno 820 DC (foto 4), gruppo folcloristico galiziano proveniente da Cuba, con i vestiti tradizionali della regione settentrionale spagnola, mentre sfilano cantando per le strade del centro storico della città antica (foto 5), scorcio di una via centrale della città vecchia che conduce verso la Basilica (foto 6) brulicante di turisti e pellegrini.

Conclusioni. Perchè bisogna visitare questa terra.

  1. Perchè come nel nostro caso, arrivi alle 22 e 30 a Santiago aeroporto e finchè raggiungi il primo posto dove mangiare un boccone s’è fatta mezzanotte. Entri e nessuno fa una piega, vieni accolto con un sorriso (sincero, come di solito accade in quasi tutti i ristoranti spagnoli) e trovi sul menu’ per il costo di 9 euro, un’orata alla griglia. A Torino (ma non solo) a quell’ora prendi un bel vaffa e a Milano con 9 euro, a stento riesci a trovare un’insalata a pranzo appena sbustata dalla plastica.
  2. Perchè La Coruna e Vigo sono due città deliziose. Sono come quelle coppie in cui lei e lui sono molto diversi, ed invece che stare sempre li a punzecchiarsi perchè diversi, grazie alla loro diversità si completano ed evolvono.
  3. Perchè i galiziani sono persone semplici, alla mano, che a volte sembrano un po’ paludate nei pensieri. Assomigliano alle rias. Non sai mai se sta prevalendo l’acqua dei fiumi che va verso l’oceano o è l’acqua dell’oceano che sale verso le montagne a prevalere. Sono sempre li’, apparentementi immobili, ma che ti scrutano in silenzio.
  4. Perchè il galiziano è una lingua/dialetto (fate voi, queste cose non mi appasionano) armonioso e lento. Ha una cadenza “in stampatello” che ricorda il sardo e la musicalità ai limiti del nasale dei portoghesi. Quando li senti parlare, da un momento all’altro sembra che Luz Casal o i Madredeus possano apparire girando l’angolo di una chiesa romanica, cantandoti una nenia o un fado.
  5. Perchè la Galizia pur essendosi aperta alla contaminazione ed al futuro, soprattutto con il turismo come quasi tutta la Spagna, tiene ancora ben saldo il legame secolare con le proprie tradizioni, è ha preservato il suo suggestivo paesaggio naturale e non solo, cosa che non è piu’ possibile riscontrare in molte regioni della Spagna, specie nella Spagna mediterranea.
  6. Perchè è una terra ricca di contrasti, dove ogni elemento apparentemente estraneo prima o poi viene assorbito, dal suoi villaggi, dai suoi fiumi marini, dalle sue montagne dolci, o dai suoi boschi rigogliosi e prima poi apparirà scolpito nei suoi cruzeiros, nei rosoni delle sue chiese, nelle lapidi dei suoi cimiteri (si spera il piu’ lontano possibile).
  7. Perchè i miei figli si sono divertiti ad interagire con la gente del posto. Perchè se in Spagna, un vezzegiativo molto simpatico per dimostrare affetto è chiamare come reina o rey qualcuna/o, in Galizia si usa chiamare con affetto i bimbi “reizinhos/as”, l’aggettivo con cui decenni fa venne soprannominato uno dei più grandi giocatori di calcio e che nella declinazione femminile richiama i pittoreschi ed eleganti abiti appartenenti alla tradizione locale.
  8. Perchè mio figlio, su decisione di sua sorella che all’epoca aveva un anno, si chiama come il santo della città capoluogo ed esattamente 8 anni, 2 giorni e 16 ore fa, decise che mentre il suo primo onomastico l’aveva festeggiato nella pancia della mamma, il secondo onomastico l’avrebbe festeggiato in combinazione con il compleanno, dimostrando ancor prima di mettere il piede nel mondo fuori, che a lui le feste sarebbero piaciute un sacco, specie se doppie ed in sequenza.
  9. Perchè in Galizia magari non ci sono ristoranti stellati, ma mangi da Dio e per pochi euro. E credo che se Santiago si fermo’ qui, lo si deve essenzialmente al cibo.
  10. Perchè Galicia mola… espressione in italiano intraducibile, ma che alla fine dei conti vuol dire che ti affascina, che ti prende e per cui ci vorresti tornare.

p.s. alcuni piatti tipici galiziani:

pulpo a feira/pulpo a la gallega con contorno di patate lesse ricoperte di paprika

Cozze in agrodolce accompagnate da un calice di albarinho

Vieiras (capesante) al vapore

Raxo a la plancha con chips de papas (filetto di maiale cotto alla piastra con chips di patate)